"Chi ha detto che in Italia non
c’è più terra incognita? Provate ad infilarvi in Val Quaderna, a pochi chilometri
da Bologna, o in altre valli dell’Appennino. Vi perderete. Sentirete un vuoto
ansiogeno da altopiano iraniano. Gli Appennini sono deserti e sconosciuti. Li
scopri solo se un ingorgo ti espelle dall’autostrada. Soltanto allora ti capita
di scoprirne l’infinito e affascinante labirinto. E se spegni il motore, senti
un immenso silenzio di cicale, torrenti e lucciole. Altro che Alpi."
![]() |
Appennino ligure piemontese: la dorsale M.te Chiappo - M.te Giarolo |
"E’ scandaloso quanto poco si
nomini l’Appennino. Della catena dominate si parla continuamente: convegni
sulla transumanza degli orsi, sulle regioni a statuto speciale, i dialetti
occitani, il postfordismo del Nordovest pedemontano, la biodiversità nelle
Orobie. Non parliamo dell’Alto Adige e dei suoi gerani ai balconi. Eppure le
Alpi sono solo la cornice esterna del paese. Gli Appennni invece ne sono
l’anima, lo stomaco, la colonna vertebrale. Non bisogna perdere di vista quei
becchi inconfondibili chiamati “Pen” che migliaia di anni fa hanno dato il nome
al tutto e ancora oggi danno il senso al tuo andare. Monte Penice, Penna,
Pennino, Penne, Pennabilli, Pescopennaro. Li trovi dalla Liguria al Molise.
Luoghi sacri di cui è rimasto solo il nome celtico e quel brivido che
immancabilmente ti prende quando raggiungi la cima, da dove guardi senza fiato
l’universo.
Le montagne dei tostissimi
Liguri, osso duro di Roma imperiale, sono la continuazione delle Alpi. E, a
pensarci bene, anche le Alpi sono solo la prosecuzione della catena Dinarica,
la quale a sua volta viene dai Monti Rodopi, dall’Anatolia e dal Caucaso, e
oltre ancora fin nel cuore dell’Asia. Se nelle alte valli del misterioso Buthan
accendessero un gran fuoco, di cima in cima la segnalazione arriverebbe fin
qui, e poi oltre, lungo le cime chiamate “Pen”, per quel promontorio
interminabile che si chiama Italia. Fino al monolito dell’Aspromonte, fermo in
mezzo al Mediterraneo. Da lì un balzo, il viaggio potrebbe continuare oltre il
fuoco da leggenda dell’Etna, e poi oltre Trapani, verso il lungo acrocoro
dell’Alto Atlante, dall’Algeria al Marocco, fino alle sponde dell’oceano.
Sulla schiena d’Italia ogni
scollinamento ti schiude un universo completamente nuovo.
Attraversando la catena dell’Antola,
spartiacque tra Scrivia e Trebbia, tra Piemonte, Liguria ed Emilia, mi accorgo
che a parlare non è solo il paesaggio, è anche un flusso umano millenario. Un
antico rumore di zoccoli, carriaggi e tamburi. Nelle valli sotto di noi è
passato di tutto: Celti e Cartaginesi, Svevi e legioni romane. E poi eserciti
napoleonici, armate di lanzichenecchi, leghe lombarde, partigiani italiani,
russi e slavi, angloamericani, tedeschi della Wehrmacht, bande irregolari di
ogni epoca e tipo.” (Paolo Rumiz, “La leggenda dei monti naviganti”).
Nessun commento:
Posta un commento